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CLAUSOLA MINIMA FISSA NEI MUTUI A TASSO VARIABILE

  • CLAUSOLA MINIMA FISSA NEI MUTUI A TASSO VARIABILE: ABF SI SCHIERA PER LA LEGITTIMITA’ DELLA CLAUSOLA RITENENDOLA CHIARA E COMPRENSIBILE
  • CHIEDOGIUSTIZIA: ATTENZIONE! CHIAREZZA DELLA CLAUSOLA NON SIGNIFICA NON VESSATORIETA’! TALI PRONUNCE NON SCALFISCONO LE SENTENZE DELLA CORTE D’APPELLO DI MILANO, CHE STABILISCE LA VESSATORIETA’ DELLA CLAUSOLA FLOOR
  • CHI HA SOTTOSCRITTO UN MUTUO A TASSO VARIABILE CON UN TETTO MINIMO AGLI INTERESSI Può CONTATTARCI ALLA MAIL info@chiedogiustizia.it o al numero 02.29419096

Il Collegio milanese dell’Arbitro Bancario Finanziario ha ribadito recentemente la propria valutazione sulla questione della clausola floor, inserita in un contratto di mutuo a tasso variabile stipulato da un cliente-consumatore. Nella decisione 1258/2024 afferma che “[L’intermediario] Nel merito comunque deduce che l’inserimento della clausola floor non può essere qualificato in termini di vessatorietà, ai sensi dell’art. 34, comma 2, cod. cons., atteso che la clausola è stata redatta in modo chiaro e comprensibile.”

Analogamente, nella decisione 1259/2024 afferma che “l’orientamento dell’Arbitro esclude che la c.d. “clausola floor” rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 1341 c.c.: essa è dunque ritenuta legittima se indicata in contratto in modo chiaro e comprensibile, come previsto dall’art. 34, comma 2 del Codice del consumo.” Si continua specificando che “le parti hanno concordato l’applicazione di una c.d. “floor clause”, stabilendo che il tasso di interesse non sarebbe potuto scendere al di sotto dell’1,10%; inoltre, le modalità di applicazione della clausola floor sono state evidenziate anche nell’offerta vincolante [] dove è stato specificato che “potrebbe accadere che nonostante la discesa del parametro di indicizzazione utilizzato per la determinazione del tasso del mutuo, quest’ultimo non subisca più riduzioni poiché è stato raggiunto il valore del tasso minimo previsto”. Infine, nella decisione 1260/2024, il Collegio milanese sottolinea che “la c.d. “clausola floor” non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 1341 c.c.: essa è pertanto considerata legittima se indicata in contratto in modo chiaro e comprensibile, come previsto dall’art. 34, comma 2 del Codice del consumo.”. Tuttavia, la giurisprudenza arbitrale continua a presentare un errore di valutazione, creando un’illusoria sovrapposizione tra chiarezza e comprensibilità, da un lato, e vessatorietà, dall’altro.

In realtà, una clausola è considerata vessatoria ai sensi dell’art. 33, comma 1, cod. cons., quando comporta un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto a favore di una delle parti, di solito a discapito del consumatore. La clausola floor, infatti, elimina la possibilità di beneficiare di eventuali riduzioni del tasso variabile, garantendo così all’istituto mutuante una protezione unilaterale. Al contrario, il cliente, in quanto consumatore e mutuatario, rimane esposto a qualsiasi aumento del tasso contrattuale senza alcuna protezione. Questo squilibrio significativo potrebbe essere evitato con l’introduzione di una clausola cap (o tetto massimo), a beneficio del mutuatario. Restano pertanto granitiche e incontrovertibili le pronunce della Corte d’Appello di Milano, Sez. I, 17 febbraio 2023, n. 558, e 6 settembre 2022, n. 2836, nelle quali è stata rilevata la vessatorietà di tale clausola, connotata dall’operatività di «uno squilibrio giuridico e normativo che consente ad una sola parte (la Banca) di trarre pieno beneficio dalle variazioni a sé favorevoli dell’indice e di limitare il pregiudizio derivante dalle variazioni a sé sfavorevoli. Per informazioni sul tema, segnalazioni e per ricevere assistenza, potete contattarci all’indirizzo info@chiedogiustizia.it o al numero 0229419096!